Tutti i portieri hanno un solo obiettivo: la palla. Ma i materiali e i colori dei palloni moderni confondono, distraggono e sfuggono alla percezione del numero uno.
Per intercettare la sfera di cuoio, o di “altro materiale idoneo”, il portiere si affida prima di tutto sulla sua vista. Fra i suoi target visivi, la palla, certo, ma anche porta, avversari, compagni, righe del campo, arbitro e forse… gli spalti gremiti. Tutto in continuo spostamento. Gli occhi del portiere devono impazzire dietro a questo nugolo di obiettivi, senza mai perdere di vista la palla. La visione periferica è altrettanto importante, poiché con la coda dell’occhio l’estremo difensore può notare l’avvicinamento a rete di un avversario e provare ad anticiparne le intenzioni. Così come si rivela decisiva un’ottima visione binoculare: la stereopsi, ad esempio, è la capacità del sistema visivo di trasformare leggere differenze di posizione rilevate dai due occhi, in informazione sulla distanza di un oggetto.
La macchina portiere agisce per l’80% grazie alla percezione visiva. Agilità, forza e resistenza, senza sguardo vigile e prontezza di riflessi sono nulla.
All’ingresso in campo, molti giocatori toccano e baciano il prato. Dovrebbero invece pregare il buon funzionamento del sistema vestibolare del portiere... Situato all’interno dell’orecchio, questo apparato guida l’equilibrio, altro elemento decisivo per l’efficacia delle parate. In particolare, due organi, l’utricolo e il sacculo rispondono alle accelerazioni lineari del capo, rispettivamente orizzontali e verticali. Mentre i tre canali semicircolari percepiscono le possibili rotazioni della testa con una sensibilità impressionante, fino a qualche decina di gradi per secondo al quadrato. Il sistema vestibolare informa quindi il cervello su messa in moto, stabilità della postura e perdita dell’equilibrio.
È ormai evidente: lo schema corporeo del portiere non è una semplice rappresentazione del corpo, ma un bouquet di azioni possibili. Non esistono occhi e mano del portiere. Esiste invece la coordinazione occhio-mano. Per esempio, la presenza delle mani nel campo visivo aiuta a rimappare costantemente le proprie rappresentazioni corporee e posizioni.
Sembra che tutto ciò vada al di là di ogni consapevolezza. Come sembra che la percezione della gravità, da parte di un portiere, vada oltre il senso con cui i comuni mortali vivono questa forza. Il fisico tedesco Albert Einstein ha dimostrato come non si possano distinguere gli effetti dell’attrazione gravitazionale di un pianeta, ad esempio, da quelli equivalenti dovuti ad un moto uniformemente accelerato. I recettori vestibolari, da soli, potrebbero confondere ad esempio fra inclinazione del capo e accelerazione dello stesso. Decidere dove cadrà un pallone, vuol dire invece per il portiere mettere in campo tutte le informazioni: visive, vestibolari e tattili.
Le sensazioni tattili inviano infatti segnali di feedback alle aree visive, potenziandone la percezione. D’altra parte, il portiere ha un controllo principalmente a feedforward, o anticipatorio, perché per afferrare la palla è necessario prevederne la traiettoria e collocare la mano in un punto che la intercetti… E per anticipare le proprietà dinamiche della palla, bisogna tenere sempre presenti la sua velocità, misurata dalla vista, e la sua massa, valutata dall’esperienza sulle relazioni tra aspetto e inerzia.
Questi misteriosi modelli sulle proprietà degli arti e degli oggetti del mondo fisico permettono veri e propri miracoli calcistici, come vanificare un calcio di rigore. Si dice però che il portiere conti poco e solo chi tira può sbagliare il rigore. Ciò è confermato dalle equazioni approssimate per il moto del portiere e della palla, e dal fatto che, al momento del tiro, la potenza biomeccanica del miglior portiere del mondo non può comunque controllare quasi il 30% della porta.
Eppure, scientificamente, basta osservare la corsa dell’attaccante, in particolare l’ultimo passo: se è ampio, il tiro sarà ad incrociare, altrimenti il rigore sarà calciato verso il palo lungo la direzione della corsa. E se il rigorista indirizzerà il pallone a più di 30 centimetri dal palo, all’interno della porta, ecco che il portiere trasformerà il profumo della sfida nel gusto dolce della vittoria.
La macchina portiere agisce per l’80% grazie alla percezione visiva. Agilità, forza e resistenza, senza sguardo vigile e prontezza di riflessi sono nulla.

È ormai evidente: lo schema corporeo del portiere non è una semplice rappresentazione del corpo, ma un bouquet di azioni possibili. Non esistono occhi e mano del portiere. Esiste invece la coordinazione occhio-mano. Per esempio, la presenza delle mani nel campo visivo aiuta a rimappare costantemente le proprie rappresentazioni corporee e posizioni.
Sembra che tutto ciò vada al di là di ogni consapevolezza. Come sembra che la percezione della gravità, da parte di un portiere, vada oltre il senso con cui i comuni mortali vivono questa forza. Il fisico tedesco Albert Einstein ha dimostrato come non si possano distinguere gli effetti dell’attrazione gravitazionale di un pianeta, ad esempio, da quelli equivalenti dovuti ad un moto uniformemente accelerato. I recettori vestibolari, da soli, potrebbero confondere ad esempio fra inclinazione del capo e accelerazione dello stesso. Decidere dove cadrà un pallone, vuol dire invece per il portiere mettere in campo tutte le informazioni: visive, vestibolari e tattili.
Le sensazioni tattili inviano infatti segnali di feedback alle aree visive, potenziandone la percezione. D’altra parte, il portiere ha un controllo principalmente a feedforward, o anticipatorio, perché per afferrare la palla è necessario prevederne la traiettoria e collocare la mano in un punto che la intercetti… E per anticipare le proprietà dinamiche della palla, bisogna tenere sempre presenti la sua velocità, misurata dalla vista, e la sua massa, valutata dall’esperienza sulle relazioni tra aspetto e inerzia.
Questi misteriosi modelli sulle proprietà degli arti e degli oggetti del mondo fisico permettono veri e propri miracoli calcistici, come vanificare un calcio di rigore. Si dice però che il portiere conti poco e solo chi tira può sbagliare il rigore. Ciò è confermato dalle equazioni approssimate per il moto del portiere e della palla, e dal fatto che, al momento del tiro, la potenza biomeccanica del miglior portiere del mondo non può comunque controllare quasi il 30% della porta.
Eppure, scientificamente, basta osservare la corsa dell’attaccante, in particolare l’ultimo passo: se è ampio, il tiro sarà ad incrociare, altrimenti il rigore sarà calciato verso il palo lungo la direzione della corsa. E se il rigorista indirizzerà il pallone a più di 30 centimetri dal palo, all’interno della porta, ecco che il portiere trasformerà il profumo della sfida nel gusto dolce della vittoria.
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